PREMIO COMEL 2023

Intervista a Pietro Finelli

di Ilaria Ferri

Pietro Finelli, artista, curatore, teorico, vive e lavora a Milano. Ha studiato architettura all’università Federico II di Napoli ed ha esposto i suoi lavori in gallerie, musei e istituzioni internazionali, fra cui MC Gallery in New York, Il Ponte Contemporanea Roma, galleria Pack Milano, Museo Castel Nuovo Napoli, Fundation F.J.Klemm Buenos Aires, Galerie Jacques Cerami Charleroi, Galleria Pietro Monopoli, Milano, Università di comunicazione e lingue IULM, Milano, Chateau Gilson, La Louvière, Belgique, Pio Monte della Misericordia, Napoli, Muzeul Național de Artă al Moldovei, Chișinău, KCCC (Klaipéda Culture Communication Center), Lithuania.

La tua partecipazione al Premio COMEL ti è valsa un Premio alla Carriera, con il quale viene riconosciuto il tuo impegno costante nella ricerca visiva tra Arte e Cinema. Come sono entrate nella tua vita, quando hai pensato che dovessero essere il tuo campo di indagine?

Mi chiedi dell’arte e del cinema assieme. Avevo tre anni mio padre mi portò a vedere un film al cinema che programmavano di mattina, era diverso che vederlo in tv, il grande schermo era ammaliante in quel buio, anzi il buio e la luce dello schermo con le immagini in movimento, si intrecciavano e si definivano assieme. Ciò che mi affascinava, anni dopo sarebbe entrato consapevolmente nel mio campo d’indagine. In parallelo con l’interesse e lo sviluppo dell’arte, che iniziava ad articolarsi, nelle sue varie ramificazioni e complessità.

Alcuni, semplificando molto, definiscono il cinema come “arte in movimento”, ma tu utilizzi questi due linguaggi, l’Arte e il Cinema, per una ricerca continua e approfondita sulla percezione umana e la sua complessità. L’immagine per te è un modo per destrutturare la narrazione e giungere al nocciolo della comprensione e dell’apprendimento. Il tuo percorso artistico diventa una ricerca filosofica attraverso l’elemento visivo, potresti parlarcene?

Per motivi storiografici si tende sempre a semplificare quello che a prima vista sembra l’elemento connotante quel particolare media. In questo caso la definizione del cinema come arte in movimento è riduttiva e schematica ma, nello stesso tempo, è icastica, definisce quello che in qualche modo lo differenzia da altri media. Ora, mi è sembrato interessante, come sto cercando di far vedere da alcuni anni, questo ‘apparentamento’ tra la pittura barocca in ambito fiammingo e spagnolo, in particolare nell’opera di Velazquez e Pieter De Hooch sul tema del doppio e dello scardinamento visivo che mette in crisi la rappresentazione prospettica rinascimentale, e alcuni maestri del cinema moderno, in particolare a Hitchcock, a Fritz Lang, a Welles, Edgar G. Ulmer, per citarne solo qualcuno.

Noir aluminium 5, 2023

Hai partecipato alla decima edizione del Premio COMEL con l’opera Film, della quale affermi “In quest’opera l’alluminio scandisce un ritmo ma diventa esso stesso frame cinematografico di tensioni astratte, riverberanti, come un film dall’andamento desiderante, dai molteplici rimandi, una sorta di macchina noir calata nella psiche e nella fisicità del mondo”. Quasi come se l’alluminio rendesse solida e tridimensionale la bruma dei film noir, quegli squarci di luce nell’oscurità. Cosa significa per te cimentarti con questo metallo?

Uno dei motivi che mi ha affascinato di questo materiale, è quell’estrema duttilità di essere cosa e opera, un po’ come la tela che è oggetto in sé e opera una volta utilizzata da un artista. Tutti i materiali, come ci hanno insegnato dalle avanguardie storiche in poi, hanno questa capacità di essere oggetti ed esposizione di concetti. Non amo quegli esercizi formali che depotenziano un materiale, in questo caso l’alluminio, fino a farne un mero involucro di superficialità esibite. Pensa invece ad artisti come Beuys che ha utilizzato l’alluminio ‘piegandolo’ all’interno di un discorso visivo altamente complesso oppure a un artista come Walter De Maria in cui l’alluminio si compenetra – qui davvero – di quella spiritualità intesa come purezza di pensiero. Nel mio utilizzo dell’alluminio ho presente queste componenti, penso che esso ‘viva’ di questa dualità di oggetto/opera.

Pittura, disegno, fotografia, installazioni, il tuo campo d’azione si articola secondo vari linguaggi e tecniche, sono funzionali al discorso concettuale che porti avanti e quindi attentamente scelte di volta in volta o fanno parte di un processo di sperimentazione tecnico-artistico?

Mi interessano soprattutto la pittura e il disegno. Mi piace verificare e sconfinare in altri linguaggi che interagiscono con la pittura e il disegno. Infatti, mi interessa un’idea di cinema che si rapporta a un’idea di pittura o di disegno, e quindi sul senso e il significato di questi linguaggi nella contemporaneità. Non mi interessa la sperimentazione fine a sé stessa.

Noir aluminium 5, 2023

Gran parte del tuo percorso artistico è legato al Noir, del quale scardini totalmente la parte narrativa, per concentrarti sullo stile, il quale si fa carico di temi, idee, ossessioni. Di questo genere conservi le atmosfere ma decontestualizzi i singoli frame per carpirne il significato più profondo. Come è nata l’idea di questo tipo di procedimento? Cosa ti ha attratto di questo genere cinematografico?

Vorrei citare una delle Note sul Cinema Noir (1971) di Paul Schrader, che, nella sua definizione del cinema noir come «visione morale della vita basata sullo stile», «capace di risolvere i conflitti in termini visivi e non tematici», implica un’arte che nella sua potenza visuale assorbe e incorpora i temi della rappresentazione e dei conflitti – che io sottoscrivo – ma è anche una via per uscire da certa problematicità, così imperante e presente in tanta arte discorsiva, “impegnata”, tautologicamente autoreferenziale, un tipo di arte che vuole assolvere una “funzione”.

Saskia Readel afferma riguardo la tua mostra Noir Time “The compulsion to understand, to learn and to comprehend only exists if there‘s darkness before. …. Pietro invites us to immerse our mind and body into Noir Time and develop an own personal meaning of it: of life, of logic or just of the meaning of film noir”. (La compulsione a comprendere, apprendere e comprendere esiste solo se prima c’è l’oscurità … Pietro ci invita a immergere la nostra mente e il nostro corpo nel Noir Time e a svilupparne un significato personale: di vita, di logica o semplicemente di significato del film noir). La luce e il buio sono elementi fondamentali della tua pittura, non tanto nel senso classico del chiaroscuro, quanto come un dualismo che permette di dare forma alle cose e in quel momento comprenderle. Come, secondo te, luce e oscurità permettono la comprensione delle cose?

Luce e oscurità non sono mai stati da me intesi come una dualità o addirittura con connotazioni etico-morali. Il buio è luce, la luce è compenetrata nel e dal buio. Questa tensione genera nuovi modi di vedere. Un mio dipinto è una stratificazione geologica di stati, mentali e fisici, cioè sia relativi al mondo e al mio essere artista, sia a quel grumo costituito dal materiale con il quale si costruisce la pittura. Ora affinché non sia solo un esercizio di stile, occorre che questa stratificazione abbia una sua ‘poetica’. Poetica per me è intesa nel senso aristotelico del termine, quindi come conoscenza. Questo dispositivo, che chiamiamo arte, è anche un centro di relazione, che non vive solo per sé stesso, ma insieme e con gli altri.

Noir aluminium 7

Adrian Dannat afferma “For over the last two decades Finelli has surely developed his own strategy, multi-form, many layered, hyper-sophisticated, by which to navigate/ negotiate our current ocean of image-culture, buck it”. (Negli ultimi due decenni Finelli ha sicuramente sviluppato la propria strategia, multiforme, multistrato, iper-sofisticata, con la quale navigare/negoziare il nostro attuale oceano di cultura dell’immagine, al contrario). Negli ultimi anni la cultura dell’immagine si è andata ulteriormente arricchendo con la nascita delle piattaforme di streaming e il moltiplicarsi di film e serie televisive che non si fruiscono nelle sale cinematografiche. Secondo te questo bombardamento di immagini al quale siamo sottoposti ogni giorno, può essere deleterio per l’Uomo e l’Arte, o è uno stimolo a cercare nella moltitudine, ciò che ha realmente valore e significato?

Bella domanda. Non è il bombardamento di immagini che danneggia, ma l’uso che se ne fa. Con le nuove tecnologie facciamo cose impensabili fino a qualche decennio fa, anche l’arte cerca di espandersi utilizzando queste stesse tecnologie. La cosa interessante è, che al cospetto di queste tecnologie, la pittura e il disegno fanno un lavoro che all’apparenza sembra improntato alla tradizione, com’è giusto che sia, ma nei pittori più avvertiti, avviene una conversione e un riposizionamento della pittura, capace di illuminare e rapportarsi al nostro mondo, più e meglio di tanti media tecnologici. I quali, nella frenesia imposta dalle leggi capitalistiche della merce con la coazione al sempre nuovo, fanno invecchiare e retrocedere quelle cose prodotte che sembravano avanguardia. Queste contrapposizioni sono della vecchia guardia, messa in crisi già con l’avvento della fotografia e poi dal cinema, ma che invece negli artisti e nei cineasti più avvertiti, per tornare ai nostri discorsi, diventano volano per avventure e situazioni inedite.

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